Olio Extravergine Veneto del Grappa Non Filtrato 500ml
Il prodotto in breve:
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"Oro" indica la preziosità del nostro olio dal colore dorato. "Pòe", in dialetto veneto è Pove del Grappa, la località evocata agli olivi al cui interno si trova la Tenuta Gentile.
Il nostro Oro de Poe edizione limitata CAIUS VETTONIUS MAXIMUS Olio Extra Vergine di Oliva DOP Veneto del Grappa è stato incluso nel progetto “Slow Food Presidio Olio Extravergine Italiano”. I Presìdi sono comunità di Slow Food che lavorano ogni giorno per salvare dall’estinzione razze autoctone, varietà di ortaggi e di frutta, pani, formaggi, salumi, dolci tradizionali e si impegnano per tramandare tecniche di produzione e mestieri, oltre a prendersi cura dell’ambiente e valorizzare paesaggi, territori, culture. Circa 600 Presìdi coinvolgono contadini, artigiani, pastori, pescatori e viticoltori di 70 Paesi. L’olio viene sottoposto ad analisi chimiche per determinare i valori organolettici che ne garantiscono la qualità verificando che rientrino nei parametri del disciplinare Olio Extra Vergine di Oliva DOP Veneto del Grappa. A questo si affianca anche un’analisi sensoriale attraverso un metodo detto Panel Test, dove assaggiatori adeguatamente formati e di grande esperienza danno dei giudizi sensoriali in fase di degustazione (piccante, fruttato, dolce, amaro...). La combinazione dei risultati di queste analisi e queste degustazioni sara’ la base della valutazione dell’olio.
Perchè Oro de Pòe è unico?
Un olio unico, perché uniche sono le condizioni in cui prende vita.
Pove del Grappa è storicamente una piccola enclave di eccellenza tra il fiume Brenta, la città di Bassano e il monte sacro alla Patria, il Monte Grappa. Era la sede privilegiata dei patrizi veneziani in cerca di quiete. Dalle sue cave di pietra traevano materia prima scultori quali Orazio Marinali, il maestro della statua-ria tardo barocca. Fiorente la tradizione degli scalpellini, una qualità del legno che fa la differenza, specialmente nelle pavimentazioni domestiche, legato alla coltivazione secolare dell’ulivo. Per contrappasso, l’etimo di Pove rinvia al latino poveledum, ossia pioppetto. Le prime tracce dell’olivicoltura sono datate 1263, come risulta dall’inventario delle proprietà di Ezzelino da Romano, il potente signore del tempo. Ne fecero tesoro le autorità ecclesiastiche, come preziosa risorsa per l’illuminazione e le esigenze di culto. Nel 1352, al momento dell’investitura della parrocchia locale Paolo di Cherso ricevette dal vescovo di Padova, il debrandino, una quindicina di piante d’olivo. Era tradizione che alla chiesa fosse dovuto un piccolo tributo di olio come quota di quello prodotto dai vari produttori.
L’olio, nel territorio subì un periodo di relativo oblio fino alla fine degli anni Venti del 1900, con il prevalere di colture più redditizie, come per esempio la vite ed il gelso.
Negli anni 20, del 1900, ritorna l’interesse per questa coltivazione, favorita anche da una legislazione tesa ad incentivare i consorzi.
La zona di Pove aveva caratteristiche favorevoli, una buona esposizione solare, la protezione dalle correnti fredde del Nord, un terreno calcareo ben drenante, un microclima in cui si alternano punti di forza e debolezza. I decisi abbassamenti termici possono essere nocivi al raccolto, come è vero che il clima invernale può essere antagonista naturale della mosca delle olive.
Nell’economia rurale del tempo, l’olio aveva una sua nicchia ben definita. Contribuiva alla realizzazione della panada, cibo per svezzare i bambini o consolare gli anziani. Per ridare le forze alle mamme dopo il parto si offriva loro pane fritto in olio e un buon calice di vino rosso.
Negli anni ottanta, il cambio di passo, come ben testimonia Orio Mocellin, storico sindaco del paese e ora Consigliere nazionale delle Città dell’olio. L’ulivo è uscito dalla dimensione domestica ed ha assunto un ruolo più aderente alla crescente domanda di qualità che si è rapidamente diffusa in tutto il Paese. Basti pensare che in Italia ci sono ben trecentotrenta zone olivetate.
Le Città dell’Olio, sorte nel 1994, sono presenti in diciotto regioni, senza dimenticare che l’Italia è il Paese, in Europa, con il patrimonio più diffuso a livello territoriale.
E’ grazie alla lungimiranza di alcuni imprenditori della zona che sono state affinate le tecniche di raccolta e lavorazione delle olive, con raccolte precoci e macine entro il giorno successivo.
Nel 2001 arriva il riconoscimento DOP all’olio Veneto del Grappa, l’anno successivo si inaugura il frantoio della cooperativa sociale e nel 2006 l’entrata nel prestigioso circuito delle Città dell’ Olio.
I risultati sono tangibili, la coltivazione dell’ulivo negli ultimi dieci anni, è più che raddoppiata subentrando ad altre che , nel tempo, lo avevano sostituito.
Aggirandosi nel piccolo centro abitato si percepisce il cambio di passo, l’ulivo ha sostituito magnolie e pini marittimi nell’arredo urbano, anche perché è ecologicamente una pianta ideale.
Nella visione dei produttori locali le idee non mancano e in collaborazione con il locale istituto agrario, in primis, il progetto della Strada dell’Olio che dal Vicentino porti nel Trevigiano lungo quella Pedemontana che idealmente collega alle strade del Prosecco.
Tra i piccoli eroici produttori della Conca degli Ulivi, significativa è la storia della Tenuta Gentile Bizzotto, Gentile era un imprenditore nel ramo tessile che negli anni sessanta aprì il nuovo stabilimento alle pendici del Grappa, come cornice alcuni olivi centenari. Decise di tenere in vita quella tradizione e impiantò 200 olivi per ciascuno dei due figli e Francesco uno di questi, pensò di mantenere e rinnovare questa tradizione di famiglia, non solo con il prendersi cura dell’ oliveto dei genitori ma, assieme alla moglie Katrien, dedicando 250 nuove piante ad ognuno dei tre figli.